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Nugae – Parte IV, Riflessioni e ricordi di un vecchio emigrato.

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Socrate, Aristide e le ostriche.

Nella Stazione Sperimentale Agricola nella quale lavoravo era consuetudine, ai miei tempi, lavorare anche il sabato. Per lo più il pomeriggio era utilizzato per conferenze o lezioni di inglese, utili ai più giovani che aspiravano ad una borsa di studio ed ai più anziani per rinverdire una lingua usata nelle ore passate in biblioteca.

So bene che dall'inizio del terzo millennio lo studio del greco antico non è più molto apprezzato. Ma noi invece eravamo molto orgogliosi di frequentare il liceo classico, in Italia. C'erano sì gli studenti dello scientifico che cantavano: "noi del greco ce ne freghiamo", ma il diploma del classico apriva le porte per entrare in tutte le facoltà, senza esami d'ammissione.

Questo per dire che, anche dopo tanti anni, ricordavo ancora qualcosa di Omero, di Lisia, di Eschilo ed anche della nascita della democrazia, che sembra diventata oggi una condizione necessaria per vivere.

In una di queste conferenze l'oratore ebbe a ricordare Socrate. Non so dire di cosa si trattasse, ma ricordo benissimo la frase usata: "Come scrisse Socrate...."

Non mi fu possibile, lasciar correre lo svarione:

-Ma se Socrate non ha scritto niente- dissi a voce alta, creando non poco imbarazzo al dissertante che non capiva l'errore.

E questo fu uno dei miei peccati, dovuti al fatto d'aver frequentato il liceo classico.

Anche in un'altra occasione non seppi resistere alla tentazione di mostrare che non accettavo mi si parlasse con errori, di alcuni miei ricordi.

In una lezione d'inglese una professoressa, che per altro conosceva molto bene il suo mestiere, accennò ad un tal greco al quale era stata "presentata un'ostrica" ed era dovuto andare in esilio.

E questa volta ero io che non capivo. Certamente i greci conoscevano le ostriche e magari le apprezzavano molto, a tavola, non dovendo neppure pagare i prezzi esorbitanti dei nostri giorni!

Poi ricordai d'aver visto in un libro la foto di un pezzo di ceramica con incise le prime lettere del nome Aristide. Si trattava della "scheda" usata a quei tempi, per decidere democraticamente l'esilio di qualcuno. Era l'esilio o meglio l'ostracismo, che era un esilio con regole particolari.

Ed ebbi uno scambio di parole con l'insegnante che non accettava i miei chiarimenti.

Certo "l'ostracon" era un pezzetto di ceramica di un vaso rotto e gettato nella spazzatura, ma era anche lo scudo delle tartarughe ed era anche l'ostrica, ma credevo dovesse essere difficoltoso scrivere sulle valve di un'ostrica!

Qualche giorno dopo l'insegnante mi chiese scusa. Poi trascorso del tempo, dovetti chiederle scusa io perché in un libricino per bambini, aperto per caso, vidi un racconto sulla storia dei greci ed il disegno di un signore, con la toga bianca, che mostrava un'ostrica aperta ad un altro greco.

Quando un bambino vede e legge cose simili è difficile che poi, per tutta la vita, non faccia confusione tra molluschi e ostracismo.

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JoomSpirit