Montalto, nostro bene comune.

La migrazione annuale di Pieris brassicae lungo il litorale adriatico

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1280px-Large white spread wingsIn estate le spiagge dell'Adriatico centrale, gremite di folle di bagnanti, vengono interessate da strane frequentatrici: grandi farfalle bianche appartenenti alla specie Pieris brassicae. Volano tutte nella stessa direzione, tra ombrelloni e lettini da sole, talvolta all'altezza della ginocchia della gente, con determinazione e pare che nulla possa indurle  a fermarsi.

Viaggiano quasi sempre alla spicciolata, con "discrezione" ma in alcuni anni (luglio 1962 e nella settimana dal 10-18 giugno 2002) hanno dato luogo a sciami talmente spettacolari da essere rimasti nella memoria di chi ha avuto la fortuna di vederli.

Il fenomeno è normalmente ignorato dalla stragrande maggioranza del pubblico e le persone più attente che ne notano la presenza non si sono mai rese conto di trovarsi ad assistere ad una vera e propria migrazione di massa, pensando piuttosto di trovarsi di fronte ad un fenomeno esclusivamente locale. E' per questo motivo che la migrazione qui descritta è rimasta finora sconosciuta alla scienza e ho sentito il dovere di incominciare a studiarla, spinto anche dalla curiosità e dal gusto della scoperta che regala un viaggio nel mondo di questi animali bellissimi e discreti.

Vediamo, per estrema sintesi, le dimensioni del fenomeno.

Attraverso una sezione del corridoio ecologico migratorio, in una postazione sita nella città di Pescara, sono stati effettuati circa 100 conteggi di individui in transito, della durata di 15 minuti ciascuno, dal 15 al 30 di agosto del 2008, periodo in cui si è svolta la quasi totalità della migrazione. I dati, riportati su un grafico, hanno consentito di stimare il numero totale. Sono transitati circa 300.000 esemplari.

E' stato accertato con sopralluoghi diretti o attraverso collaborazioni avviate con telefonate, che il flusso ininterrotto delle farfalle che si dispiega lungo un percorso per almeno 160 km, dalla regione Marche (a nord di S. Benedetto del Tronto) e, passando per l'intero litorale dell'Abruzzo, si perde a Termoli di Molise. Incertezze permangono sull'effettiva lunghezza del percorso che potrebbe estendersi verso nord in direzione della foce del fiume Po e verso sud fino alla Puglia per un totale di 400 o 500 km.

La migrazione è legata al clima, e periodo di volo alla temperatura dell'aria che appare ottimale a circa 30°C.

Il corridoio ecologico delle cavolaie coincide con la fascia intercotidale (bagnasciuga) ed è largo 200-500m. L'altezza di volo è determinata dalla velocità del vento: con vento calmo o assente le farfalle volano più liberamente a circa 2,5 -3 m da terra e la traettoria è più rettilinea; con vento sensibile, per non essere trascinate via dalla deriva (wind drift), tendono a seguire percorsi più curvilinei alla ricerca di luoghi riparati, sfiorando il suolo o le chiome delle pinete litoranee e alla base delle falesie. Quando incontrano strade trafficate, le farfalle si collocano ad una altezza tale da catturare la scia delle automobili per aiutarsi nel volo senza essere travolti dalla turbolenza dell'aria.

Le farfalle viaggiano alla velocità di circa 15 km/h in 8÷10 ore di volo al giorno, dalle ore 8 (con passaggi minimi) alle ore 18 quando, col fresco, si fermano tutte; i passaggi più numerosi, fino a circa 400 esemplari/ora, avvengono nelle ore più calde e s'interrompono in quelle caldissime (>40°).

Questi esseri molto piccoli e del peso dell'ordine del grammo devono affrontare difficoltà straordinarie nel corso della migrazione (che sono state discusse nel corso della conferenza e del dibattito) e che possono essere così riassunte:

• viaggiano autonomamente percorrendo una "strada" fissa, stretta, generazione dopo generazione, che trovano anche se non l'avevano mai percorsa prima;
• migrano in estate quando le spiagge dell'Adriatico Centrale, sono affollatissime di bagnanti;
• la loro dimensione non consente, a differenza degli uccelli, il volo planato e pertanto non danno mai origine a formazioni di volo, e devono sostenere lo sforzo ognuna per sé;
• devono regolare la temperatura interna durante il volo ( il fresco le inibisce, come pure il surriscaldamento) Si pre-riscaldano al mattino con "brividi" alle ali, in volo utilizzano l'addome per refrigerarsi, come il radiatore di un'auto, mantengono la temperatura ottimale regolando la velocità della circolazione sanguigna che passa per l'addome;
• devono evitare di essere trascinate via dal vento;
• devono nuotare adeguatamente dentro la direzione del vento, per compensare lo sbandamento (deriva, o wind drift) e mantenere, come risultante, la rotta giusta verso Sud-SudEst;
• devono potersi orientare anche quando attraversano specchi d'acqua e non è più sufficiente la "navigazione a vista" lungo il bagnasciuga;

• devono trovare energia alimentare (glucosio del nettare dei fiori) per sostenere il grandissimo sforzo del viaggio;
• devono "scalare", di volta in volta, gli edifici che incontrano, oggi, sul loro percorso;
• devono evitare di essere abbattute/catturate dagli umani

La specie Pieris b. è conosciuta per avere un potente volo che consente di migrare coprendo lunghe distanze. La forza di queste farfalle è assolutamente straordinaria se consideriamo che, in realtà piuttosto che volare, esse "nuotano nell'aria". A scala dimensionale così ridotta, infatti, la viscosità dell'aria riveste un'importanza molto maggiore rispetto alle scale macroscopiche e in entrambi i casi è fondamentale considerare il rapporto fra le forze inerziali e le forze viscose, rappresentato dal numero di Rejnolds. Per esseri così piccoli, in altre parole, non è più possibile il volo planato e in rapporto alle nostre dimensioni, è come se noi umani per i medesimi spostamenti nuotassimo in una soluzione di sciroppo denso di glucosio. Un flusso migratorio è noto dall'Inghilterra verso il continente: è assurto alle cronache un anno in cui provocò l'interruzione di una partita di cricket per assenza di visibilità a causa delle farfalle.

Il periodo migratorio qui descritto nella seconda metà di agosto del 2008, in anni precedenti è ricordato anche anticipato ai primi di luglio e persino in giugno ed è legato all'andamento delle temperature e delle stagioni climatiche.

E' ipotizzabile che un vantaggio evolutivo della migrazione sia la ricerca di areali geografici a clima più favorevole per la dispersione, la sopravvivenza e lo svernamento.

Uno studio del 2007 ha riscontrato che il numero di individui migranti diminuisce significativamente con un incremento del North Atlantic Oscillation (NAO) index. Nel 2003 in Francia sono state osservate strette correlazioni tra il numero degli individui migranti e le temperature. Il riscaldamento climatico delle zone del nord Europa (aumento del NAO index) fa presumere che tali zone riceveranno un grande numero di lepidotteri migranti.

L'incremento della popolazione induce l'incremento del numero dei migranti e, mentre stagioni estive calde e secche favoriscono le popolazioni dei lepidotteri (e il conseguente comportamento migratorio), estati umide e inverni miti tendono ad inibirle.

Queste conclusioni devono essere state percepite dalle popolazioni rivierasche in
epoche passate: in Abruzzo nella cultura popolare si tramanda che l'arrivo di farfalle
d'estate, sulle spiagge, in grande numero, è premonitore di un inverno molto nevoso sulle
montagne vicine.

Occorrerà approfondire nel corso del 2009 il fenomeno, attivandosi con largo anticipo,
e considerando che possono essere ritenute attendibili soltanto segnalazioni di persone
che constatano il passaggio delle farfalle mentre questo è in corso. Infatti molte persone
intervistate telefonicamente (bagnini e personale di spiaggia di camping ed alberghi
lungo tutta la costa adriatica dalla foce del Po ad Otranto) rispondevano prontamente e
con sicurezza della non esistenza di passaggi di farfalle, ma solo perché in realtà non le
avevano notate; indugiando con loro al telefono per alcuni minuti, tuttavia, incominciavano
a "vederle" ed alla fine restavano stupite per non averle notate prima. Sono state ritenute
attendibili, quindi, solo le descrizioni "in diretta" che per certo hanno riguardato i predetti
160 km.

E' da indagare bene la situazione a nord di S. Benedetto del Tronto e quale sia la
meta finale della migrazione: dopo Termoli di Molise potrebbero essersi fermate e disperse
alla ricerca di piante ospiti, oppure aver continuato il volo piegando la rotta verso
l'interno, abbandonando il litorale adriatico. Solo seguendo il flusso nel suo svolgersi si
potrà verificare dove vadano a finire.

Verso Nord non sono state viste a Fano: è possibile che all'altezza del Conero abbiano
rettilineizzato il percorso passando nell'entroterra per evitare la curvatura del promontorio,
come è stato constatato per il golfo di Vasto in cui nel 2008 le farfalle sono
transitate in linea retta, sul mare, a quasi un km dalla costa, perché le condizioni erano favorevoli
per l'assenza di vento.

Va approfondito anche da dove vengano le farfalle. Allo stato attuale pare che si
trasferiscano sia dalla fascia costiera che dalle zone interne, inizialmente ortogonalmente
e in maniera diffusa verso le spiagge e da lì prendono il flusso migratorio nel corridoio della
fascia intercotidale, che diviene così anche un corridoio di raduno. Non esiste lungo la
costa un flusso primaverile di ritorno.

Resta infine una considerazione ecologico-generale.

La memoria genetica che guida questo comportamento migratorio si è generata in
tempi lunghissimi e in condizioni geografico-ambientali sostanzialmente stabili: fino alla
metà del 1800 il litorale adriatico era pressoché completamente disabitato, privo di strade
e caratterizzato da distese di dune sabbiose e, a monte di queste, estese pinete a Pino
d'Aleppo. Negli ultimi 100 anni queste condizioni sono radicalmente modificate: scomparsa
delle dune sabbiose, modifica delle aree a seguito di urbanizzazione intensiva, riduzione
estrema delle pinete ("francavilizzazione" della costa, e "montesilvanizzazzione" della
pianura e delle colline) livellamento annuale della sabbia per le attività turistiche e balneari,
frammentazione ecologica da barriere architettoniche, riduzione delle crucifere spontanee
(alimento delle nostre cavolaie), aumento di quelle coltivate, inquinamento atmosferico
da traffico veicolare.

L'uomo ha messo a coltura estese superfici con piante appetite dalle larve di queste
farfalle, ma, per contro, ha introdotto l'impiego di fitofarmaci.

La risultante di tutte le modificazioni sopra elencate potrà essere colta solo attraverso
un monitoraggio protratto su lunghi periodi e attraverso uno studio approfondito
sull'autoecologia di questi esseri di struggente bellezza.

La migrazione della cavolaia bianca è comunque un fenomeno fortemente abruzzese.
In un litorale marino così sconvolto nei suoi elementi, anche minimi, di naturalità il passaggio
delle farfalle bianche che ostinatamente continua nonostante tutto a perpetuarsi è
da considerarsi come una delle poche cose – forse l'ultima-di bellezza "identitaria": è una
parentesi, una finestra temporale che ogni anno ridà al nostro mare un alito del suo
"genius loci" , quello perduto che ispirava la pittura dei Celommi e di Cascella e le novelle e la poesia di D'Annunzio.

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