Introduzione

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Categoria principale: Come si Parlava
Categoria: Lavì e Taccunè
Ultima modifica il Venerdì, 17 Agosto 2012 07:57
Scritto da Renato Cacciamani
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diavoloTu qui nasute scripta destringis mea,
et hoc iocorum legere fastidis genus,
parva libellum sustine patientia,
severitatem frontis dum placo tuae.

Tu, censore maligno che mi critichi,
e non credi che sia il caso di occuparti
di un genere così poco impegnato,
sopporta questo libro ancora un po’
finché rischiarerò il tuo volto austero.

Fedro, Dalle favole

 

Ho potuto descrivere questi fatti, realmente accaduti, perché raccontati dai nostri vecchi che direttamente o indirettamente li hanno vissuti (per le storie di Lavi’, mia nonna Carolina e mia suocera Antonietta sono state preziose narratrici e per le altre, lo stesso zio Taccuné e mio padre Carlo, suo fratello di secondo letto, sono stati una miniera inesauribile. Mio suocero Agostino mi ha insegnato a scrivere il dialetto).Inizialmente ho pensato di esporre queste storie in lingua italiana ma mi sono accorto che con l’ uso del dialetto il racconto appariva più suggestivo, spontaneo e divertente.

Con queste caratteristiche è nato il lavoro intorno agli anni settanta, quando il Prof. Pietro Lanciotti ne ha scritto la presentazione.

Da allora mi è sempre piaciuto rimaneggiare il testo degli episodi, sino a quando mi sono reso conto, da verifiche occasionali, che il messaggio era limitato all’interesse di quei pochi che riescono agevolmente a districarsi con il dialetto scritto.

Ho pensato allora che una integrazione in italiano non avrebbe danneggiato il lavoro originale ma ne avrebbe esteso l’interesse.

Il dialetto, essenziale nel lessico, si avvale di insostituibili espressioni efficaci che rendono fresco ed immediato il racconto. L’esposizione in italiano non può esserne la fedele traduzione ma un modo diverso di raccontare la stessa storia, con l’intento di raggiungere ugualmente lo scopo senza falsarne la verità dei fatti e lo spirito.

Per quanti decidessero di cimentarsi con la parte dialettale, ho redatto in calce un glossario che non è completo, ma limitato a quei termini ritenuti più significativi o meno comprensibili. Per gli stessi lettori, ho messo a punto un breve schema sulle caratteristiche del dialetto Montaltese e sulle note essenziali di pronuncia.

Ho messo insieme questi brani di vita passata, semplici e spensierati, per non perdere gli aspetti che aggregavano gli uomini nei tempi duri delle “vacche magre”, quando si rubava solo per fame.

Maupassant, nei Racconti del Giorno e della notte, dice per bocca di un burlone: “Viviamo in un secolo nel quale i burloni si comportano come beccamorti e si chiamano: uomini politici. La vera burla, buona, allegra, sana e semplice dei nostri padri, non si fa più. Eppure che cosa c’é di più divertente del mistificare i creduloni, beffare gli ingenui, darla a bere ai più furbi, far cadere le persone più accorte in trappole ridicole e inoffensive? Che cos’é più delizioso del canzonare gli altri con intelligenza, costringerli a ridere della loro stessa ingenuità, oppure se si offendono, vendicarsi con una nuova burla?”.

Gli artefici dei machiavelli che racconterò, sono due personaggi singolari:

Lavinio Marietti,  Lavi’ per gli amici, oste, nato a Petritoli nel 1848 e vissuto a Montalto sino alla sua morte nel 1927

Tomasso Cacciamani, Taccuné per gli amici, barbiere e ombrellaio, nato ad Ascoli Piceno nel 1880 e vissuto a Montalto Marche sino alla sua morte nel 1972.