Montalto, nostro bene comune.

Giuseppe Ghezzi

User Rating:  / 1
PoorBest 

giuseppe ghezziEra di giusta statura, d’avvenente e venerando aspetto,  e niente gli mancava di quel che Natura comparte e chi vuol distinguere per farlo colla leggiadria del tratto e colla giovialità  e garbo del sembiante universalmente amare”.

Così Lione Pascoli [1], che lo conobbe, personalmente, descrive Giuseppe Ghezzi.

Nasce a  “Castrum Communantie” Castello d’Ascoli, il 6 novembre 1634;  il padre era “Mastro Bastiano” (Sebastiano) Gezzi e la madre Donna Maria dei Terrani. Fu battezzato tre giorni dopo presso la Chiesa di “Sancta Catharina” dal Parroco Don Antonio Giannucci, ed ebbe per madrina Donna Agata moglie di Emidio Cordiali.[2]

Il padre “Bastiano”, originario di Villa Gesso, era un artista dalla molteplici attività, era pittore, scultore, architetto e ingegnere revisore delle fortezze ecclesiastiche nel periodo di Urbano VIII. La madre era figlia del Notaio Dario (o Addario) Terrani. Giuseppe era figlio unico. La famiglia abitava in una casa torre, nella via che corre parallela alle mura, innalzate a ridosso del Monte Baiardo, per proteggere da ogni incursione il piccolo centro pedemontano; questa via fu dedicata già nel XVIII secolo a Sebastiano Ghezzi (Gezzi), successivamente, nella prima metà del XX secolo, divenne solo “Via Ghezzi.

Giuseppe fu avviato dal padre agli studi Artistici, ma anche a quelli di retorica e grammatica. Vivevano in modo agiato, la loro abitazione respirava Arte, le sue mura presentavano ovunque veloci schizzi, veri e propri disegni a carboncino, e nelle volte spiccavano dipinti di vario genere.

Negli ultimi anni della sua esistenza,  Sebastiano si avvicinò all’alchimia e in poco tempo perse tutti i suoi averi, come sostiene Giuseppe nella Lettera a Padre Pellegrino Orlandi, nel 1701[3].

Sebastiano muore nel 1647. Lo zio Romolo Terrani, accompagna Giuseppe a studiare Scienze Filosofiche e Diritto a Fermo. Nel 1651, Giuseppe decide di trasferirsi a Roma, ma prima di iniziare questo grande passo, torna a Comunanza per vendere la casa del padre con alcuni terreni[4]. La madre visse sempre a Comunanza nella casa dei Terrani e vi morì nel 1665[5].

Intanto che a Roma Giuseppe inizia la sua attività di Notaio, a Comunanza Giovanni Francesco Cordiali, il figlio della sua madrina Agata, legato a questi da profondo affetto, con rogito del 1710, lascia in eredità a Giuseppe “la casa che comprai da Francesco di Giovanni alias Capotosto"[6].

Giuseppe a Roma esercita brillantemente la carriera forense. Nel 1671 é Notaio della Camera Apostolica quando sposa Lucia Loraschi figlia di Gerardo da Como, ma l’anno dopo il suo Ufficio viene soppresso. Qui finisce la sua attività di Notaio e inizia quella di Artista.

Il 26 agosto 1672 nasce il primogenito Placido Eustachio (battezzato Placido Antonio), il 26 giugno 1674 nasce Pietro Leone (Pier Leone), nel 1675 nasce Marta Caterina e nel 1676 Teresa; una settimana dopo la nascita di quest’ultima, Lucia muore, lasciando Giuseppe con quattro bambini piccoli[7]. Teresa fu allevata da un’altra famiglia, dal momento che non figura in casa nel 1678 e non è tra i morti nei libri della parrocchia.

Nel 1674 Giuseppe entra nell’Accademia del Disegno (sotto l’invocazione di S. Luca) come Segretario, essendo principe il Gaulli, periodo in cui l’Accademia procedeva stancamente e senza iniziative. L’Accademia del Disegno, pensata da Girolamo Muziano nel 1577, ebbe l’autorizzazione ad erigersi dal Pontefice Marchigiano Sisto V presso la Chiesa di S. Martina. Ma l’attività dell’Accademia inizia solo nel 1595 con Federico Zuccari; di seguito Pietro Da Cortona nel 1634 inizia i lavori per la nuovo sede dietro l’abside della Chiesa succitata[8].

Melchior Missirini, nel libro di Memorie dell’Accademia di S. Luca, riguardo a Giuseppe scrive: “Era d’Ascoli nel Piceno venuto in Roma un Giuseppe Ghezzi pittore con copioso discorso in bocca, e molta cortesia nel tratto esteriore, e con alcuna cognizione di amena letteratura. Questi elesse l’Accademia in suo segretario perpetuo. Ma essendo il Ghezzi uomo di fervido ingegno e smisurato d’immaginazione, ed enfatico nel porgere, e nello scrivere, così prese gli animi degli Accademici, che con alcun abuso di autorità, quasi esso solo l’Accademia governò[9]. La mordace relazione del Missirini, conferma che Giuseppe portò veramente una ventata di nuovo. Egli fu un Segretario preciso, metodico ed stancabile organizzatore. Con una poliedricità di interessi e vivacità intellettuale, si adoperò per l’Accademia per molti anni, sino a farla rivivere con i suoi annuali concorsi per Artisti. Ma a causa dei nuovi statuti, i quali prevedevano che il segretario dovesse essere affiancato da un notaio esterno, Ghezzi rassegnò le dimissioni, accettate solo nel 1719, ma restò comunque segretario fino alla morte.

Nella Roma Barocca Giuseppe era “Pittore insigne”, apprezzato per il suo stile sicuro nel raccontare il “vero” al di fuori della retorica celebrativa, per lo stile dai forti chiaro scuri, dagli scorci arditi e dalla monumentalità delle forme, vicino più che mai allo stile del Guercino e del Maratti. Ma oltre a questo, Giuseppe era conosciuto come declamatore e compositore di versi e orazioni.

All’Accademia lasciò più scritti che dipinti; molti dei discorsi da lui composti, erano riferiti ad orazioni per i concorsi “Clementini” in Campidoglio.

Nel 1676 Giuseppe entra nella Compagnia dei Virtuosi al Pantheon nata con il titolo “Congregazione di S. Giuseppe di Terra Santa” fondata nel 1542. Era formata da coloro che si distinguevano nelle Arti, ma l’attività preponderante erano le opere di carità presso gli artisti più svantaggiati e presso i poveri della città. Giuseppe fu eletto nel 1676 quando ai vertici c’era Lazzaro Baldi, e divenne segretario e reggente in modo alternato. Il Ghezzi scrisse un libro sulla storia della Compagnia di grande successo, (più volte ristampato fin al 1818) dal titolo“ Origini e progressi dell’insigne Congregazione dei Virtuosi sotto l’invocazione di S. Giuseppe di Terra Santa venerato nella di lui cappella in Santa Maria ad Martyres detta la Rotonda”.

Lo stesso anno entra ufficialmente nell’Arciconfraternita dei Marchigiani, che frequentava dal suo arrivo a Roma nel 1651. Qui conobbe importanti persone chiave nell’ambiente culturale romano: uno è il Cardinale Decio Azzolini fermano, protettore dell’Arciconfraternita, per la quale aveva acquistato la Chiesa di S. Salvatore in Lauro. Tramite questo, conobbe la Regina Cristina di Svezia, di cui divenne consigliere per l’acquisto di Opere, restauratore personale e ottimo amico.

Dal 1679 è “festaiolo” per la festa della Madonna di Loreto, loro protettrice; in quella occasione egli organizzava tutti gli anni una grande mostra che durava due giorni, durante la quale venivano esposte presso il portico antistante il convento, Opere provenienti sia da collezionisti che da privati. Questa mostra ben presto diverrà il più grande evento Artistico del seicento romano. Intanto Giuseppe è diventato anche esso collezionista, molti quadri arricchiscono la sua grande casa in Via Giulia, di fronte alla Chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini, dove è andato ad abitare con i suoi tre figli.

Resta sempre forte il legame con il paese d’origine. Per la Chiesa di S. Caterina d’Alessandria d’Egitto di Comunanza, egli invia le Opere: “S. Giovanni Battista e S. Giuliana Falconieri ed anime purganti”, e “Vergine di Loreto, S. Giuseppe e S. Michele Arcangelo” dipinto insieme al figlio Pier Leone e all’Artista comunanzese Antonio Mercurio Amorosi; alla stessa Chiesa dona la Reliquia di S. Placido Martire, in onore al suo primogenito Placido Eustachio; per la Chiesa di S. Anna, dipinge la tela raffigurante “S. Liborio. Giuseppe sentì anche un forte legame con il territorio: nel 1697, già Artista di fama, chiede e ottiene la cittadinanza al Comune di Ascoli, da quel momento si definì “Pittore ascolano[10].

Nel 1700 viene eletto papa l’urbinate Annibale Albani con il nome di Clemente XI, protettore dell’Accademia di S. Luca e grande estimatore del Ghezzi. Il papa si affidò a lui per l’organizzazione dei concorsi Accademici, al pontefice dedicati e chiamati “Clementini. Al concorso del 1702 collabora il cardinale Ottoboni, mecenate e confratello del Ghezzi nella Compagnia dei Virtuosi al Pantheon al quale il  Ghezzi dedicò molti versi che verranno declamati dal figlio Placido Eustachio.  Un’altra figura molto elogiata dal Ghezzi è l’architetto Carlo Fontana, che fu Principe dell’Accademia per un periodo.

Nel 1705 diviene membro dell’Accademia dell’Arcadia con il nome di Afidenio Badio, anche qui assume l’incarico di organizzatore, compositore e declamatore di versi.

Nella sua casa , ricca di Opere d’Arte, era presente il Codice di Leonardo ”Della Natura, peso e moto delle acque”, che vendette nel 1717 al Conte inglese Leicester T. Coke.

Il 17 ottobre del 1721, redasse il suo testamento in cui dichiarò eredi universali i suoi figli Placido Eustachio e Pier Leone. Morì un mese dopo, il 10 novembre 1721 nella sua casa in Via Giulia. Aveva 87 anni.[12]

Come da lui richiesto, fu sepolto nella Chiesa dei Marchigiani di S. Salvatore in Lauro, dove venne portato in processione di notte; fu tumulato nella cappella della Madonna delle Grazie che verrà poi dedicata a S. Giuseppe. Nel 1731 Pier Leone dipinse, per la suddetta cappella, una tela raffigurante “Santi Giuseppe, Gioacchino ed Anna".

Nella sua lapide volle scritto: “ORATORE, POETA, PITTORE, INSIGNE PER ONESTA’ E FEDE GIUSEPPE GHEZZI E’ POSTO QUI. VISSE OTTANTASETTE ANNI E QUATTRO GIORNI, MORI’ IL 10 NOVEMBRE DELL’ANNO 1721. I FIGLI ADDOLORATISSIMI ABATE PLACIDO EUSTACHIO E IL CAVALIERE PIETRO LEO  POSERO ALL’OTTIMO GENITORE.

Share

JoomSpirit