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Nugae – Parte IV, Riflessioni e ricordi di un vecchio emigrato.

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Darwin

L'evoluzione delle specie, mediante selezione, è ferocia e quindi non può essere opera degli dei.

Ieri ho incontrato, in un supermercato, un giovane su una seggiola a rotelle, auto-mobile, con braccia e gambe legate all'attrezzo. La testa sembrava immobile e non ho potuto scoprire come dava gli ordini alla macchina, per farla muovere.

E questo è opera di un dio che, per di più, ama l'uomo? Certo è terribile pensare di non avere nessuno che ci protegga e ci segua dall'alto. Ma anche la selezione naturale di Darwin è ferocia, perché non è altro che l'eliminazione dei più deboli.

La selezione aiuta a migliorare la specie o meglio a adattarla all'ambiente, non c'è dubbio. La specie deve estinguersi se ha minore adattabilità di altre. Solo gli esseri che hanno maggiore capacità d'adattamento alle variazioni, ambientali, socio-economiche, psicologiche o di qualsiasi altro genere debbono avere la possibilità di vivere e riprodursi.

Sappiamo che tutti gli esseri viventi son costituiti da molti organi e da moltissime cellule che contengono cromosomi e geni, e gruppi di geni dai quali partono gli ordini per la nascita, la vita e la morte delle cellule. Ed i geni sono costituiti da molecole e queste da atomi che sono energia organizzata in particelle ed onde, forse.

Ed è nei geni che bisognerebbe cercare la volontà-possibilità di vivere e perpetuarsi nella specie e nelle specie che si susseguono (Dawkins insegna), e non negli immensi spazi celesti, che poi celesti non sono.

Il passaggio dal mondo inorganico all'organico non è poi tanto impensabile e gli organismi, microscopici o enormi, seguono una evoluzione di cui non intendiamo il fine.

Ciò che manca all'uomo è la capacità di immaginare tutta la realtà, nel suo insieme. Ce ne rendiamo conto quando leggiamo di spazi e tempi enormi di cui ci parlano gli astronomi, i quali non sanno però dirci cosa significhino spazi e tempi infiniti. C'è un racconto di Borges, l'aleph, che rende bene l'idea.

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