Montalto, nostro bene comune.

Presentazione di Pietro Lanciotti

User Rating:  / 0
PoorBest 

Al viandante che si trovasse a transitare per le colline del Piceno, la caratteristica che subito lo colpisce é l’insieme di quei paesini arroccati sulle cime dei monti, quasi a voler far loro corona con le mura medioevali entro le quali custodiscono tesori incommensurabili ed inimmaginabili.

Ma chi, preso da tanta bellezza, si fermasse per qualche attimo, anche breve, in uno qualsiasi di questi luoghi, ove la vita si svolge ancora secondo i ritmi scanditi dai rintocchi dell’orologio della piazza, mascherando l’alacre attività che mura secolari sembrano voler pudicamente nascondere, verrebbe subito irretito dall’antico fascino che queste cittadine continuano ad emanare.

È questo un fascino discreto, fatto dal profumo buono del pane appena sfornato che dal forno si allarga a riempire piazze e strade e vicoli, dal colpire ritmico del fabbro o del falegname che aprono, come allora, le loro botteghe piene dei sapori violenti del legno e della colla e dello sfrigolio del ferro incandescente gettato nella vasca nera dell’acqua, dal chiacchiericcio delle donne dalle finestre dirimpettaie, dal correre e gridare, forse ancora per poco, dei bambini, non interrotti dal procedere rumoroso e pestilenziale di auto e motorini.

Ebbene, questo paesaggio idilliaco che a molti forse sembra già non più esistente, é invece ancora ben vivo e si rinnova, giorno dopo giorno, per amore di chi, nativo di questi luoghi, non ha prestato l’orecchio al richiamo di sirene ammalianti cittadine e al paese natio dedica il tempo migliore, quello dei ricordi, alla ricerca di personaggi, tradizioni, favole e aneddoti che sono la vita di queste cittadine e ne tracciano la storia, farse minore, ma di certo la più vera.

È questo il caso di Renato Cacciamani, un fedele innamorato della sua terra, della sua Montalto Marche, della quale é andato alla certosina ricerca del passato, attraverso le avventure-disavventure di Lavi’ e Taccunè, due personaggi che con le loro stravaganze, le loro storie, i loro scherzi, le burle architettate, hanno messo il pepe dell’arguzia nella vita tranquilla e sonnolenta del loro paese.

Non è semplice raccogliere memorie e riportarle con la stessa vivezza con la quale sono state vissute nel passato, prima che diventassero ‘memorie’; per far ciò, occorre avvicinarsi ad esse con amore, passione ma, soprattutto, con tanta umiltà, se non si vuol correre il rischio di perdere il fascino ed il sapore dell’antico.

Merito di Renato Cacciamani é proprio in questo, nell’umiltà e nell’amore con i quali ha cercato di riproporre storie e scherzi, tutta una ‘civiltà’, facendo uso del dialetto che é e resta la lingua viva del popolo e che al passato sa restituire, con forza e giusta misura, la sua malia. Leggendo le avventure, le burle, le baruffe di cui ideatori, esecutori e protagonisti sono Lavi’ e Taccunè, sembra di fare un lungo salto all’indietro negli anni e risentire voci e cadenze che si credevano ormai scomparse per sempre e che, invece, sono vive come un tempo, anche se sopite, basta solo cercarle, e quel tempo, quasi per incanto, tornerà a vivere come se fosse ieri, come se avessimo da poco lasciato i personaggi su cui Lavi’ e Taccunè hanno, con le loro burle, costruito la loro fama.

Il dialetto che Renato Cacciamani ha saputo riportare alla luce é quello più vero, quello più genuino, quello delle ‘gesta’ dei personaggi, quello che fa capolino nei proverbi popolari, nelle cadenze, nei detti che contraddistinguono, allora come ora, una via, una rua, un rione; leggendo “Lavi’ e Taccunè - racconti dialettali di storie burlesche” si finisce per sentire come un groppo dentro, perché si avverte quanto si è perso, correndo dietro ad una vita solo ‘comoda’, solo fatta di facili illusioni, nella quale l’ "io” è sempre posto prima e mai insieme agli “altri”, quanta felicità vi fosse nella semplicità del vivere di un passato che, pur recente, sembra già tanto lontano, quasi irraggiungibile.

Meritevole è l’opera di chi, non volendo cedere alle lusinghe del ‘futuro migliore’ va alla ricerca dei valori veri del passato e li ripropone intatti in tutta la loro bellezza che traspare nel sorriso malinconico dato dal piacere e gusto per l’arguzia inventiva dei nostri ‘nonni’ e, contemporaneamente, dal rimpianto per non aver saputo custodire e mantenere questa bellezza.

Sensibile anima d’artista é quella di Renato Cacciamani che madre natura ha voluto dotare di grande facilità di tratto figurativo, di questo egli ha saputo fare l’uso migliore, ponendolo al servizio del racconto proposto, per cui testo narrativo e tavole diventano reciprocamente sostegno l’uno delle altre, in una comunione di intenti e di espressioni che solo raramente è dato vedere riuniti in uno stesso artista; e Renato Cacciamani, nel volume di racconti burleschi dei quali sono protagonisti Lavi’ e Taccuné, ha saputo raggiungere questa unità, per cui il libro si gusta ancora di più, sollecitati dalle figurazioni dei protagonisti che la fantasia e la matita dell’autore hanno saputo creare; sono bozzetti, ritratti che spingono il lettore all’immaginazione di un mondo ancora presente, per chi sa cercarlo. Grazie alla sagacia, all’amore e all’attenzione di Renato Cacciamani per le cose semplici della nostra terra, non solo Montalto Marche, ma il Piceno tutto oggi ha un “briciolo” di storia in più.

Pietro Lanciotti

Share

JoomSpirit