Montalto, nostro bene comune.

Capriotti Gino

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CAPRIOTTI GINO - Patriota

Nacque a Petritoli il 6.10.1921.

Partecipò come Patriota alla 2^ guerra mondiale e cadde a Rovetino di Rotella il 9.3.1944. Lasciava la madre Capriotti Germana.

La Banda Paolini e Gino Capriotti di Stefania Cespi


La selva di Rovetino è a 557 metri, coperta una fitta vegetazione di roverella e carpino nero, posto adatto per gli incontri di caccia dei conti Saladini di Rovetino e come asserisce il Balena "La località era rinomata per la caccia al cinghiale e cara al cuore di Sisto V"1.


Il 9 marzo 1944, la Banda Partigiana comandata dal Tenete della Finanza Paolini, da S. Benedetto si sposta nella zona di Rovetino per motivi strategici. Quella del Paolini era una formazione ben equipaggiata e organizzata e si muoveva da Rovetino a Castel di Croce fino a tutto il Monte dell'Ascenzione. Quel giorno era in attesa di un rastrellamento da parte dei tedeschi, stando alle informazioni ricevute dal prete Partigiano Don Sante Nespeca. Paolini lo sapeva, non ci sarebbe stata possibilità di rifugio, si dovevano a impegnare i tedeschi in combattimento fino a trascinarli nella boscaglia allo scopo di sfondare le loro linee; sistemò quindi gli uomini nelle postazioni di Rovetino e Castel di Croce, e attese l'attacco che cominciò a mezzogiorno con l'arrivo di blindati dotati di mortai e armi pesanti. Questi muovevano da 4 punti diversi (Montalto, S. Vittoria, Venarotta, Force) allo scopo di chiudere inesorabilmente in un cerchio la Banda Partigiana. Inoltre, una fitta nevicata che precludeva ogni avvistamento, e l'arrivo di un repubblichino che si fingeva pentito2 , creò momentaneo scompiglio, gli unici sicuri in quel momento erano i tedeschi che, accompagnati da delatori del luogo, avanzavano senza problemi.
Il fuoco iniziò concentrico , i Partigiani cominciarono a salire verso l'Ascenzione rispondendo contemporaneamente al fuoco e quindi partirono all'attacco a Castel di Croce, prendendo i tedeschi nel fianco.

"Il merito di questa azione – certamente una del più brillanti sostenute dai Patrioti nel corso delle operazioni di rastrellamento – andava non solo all'alto spirito combattivo degli uomini del tenente Paolini che riuscirono a far vacillare truppe agguerrite e dure come quelle tedesche ma anche, ed in modo determinante, al sacrificio di uno solo: Gino Capriotti". 3

Gino Capriotti detto "Saltamacchia"

"Questi nasce a Petritoli nel 1921, dopo l'8 settembre si era ritrovato insieme con tanti altri alla macchia in quel di Rovetino per sfuggire ai bandi di reclutamento dei tedeschi. Non era nato per fare l'eroe e nemmeno il soldato, amava la vita all'aria aperta per il semplice motivo che non aveva una casa ben definita e neppure una famiglia. Si arrangiava a vivere alla giornata lavorando dai contadini che lo conoscevano e gli volevano bene perché era servizievole e si accontentava di poco . Quando era riuscito a sfamarsi era soddisfatto e per dormire gli bastava poco, un fienile o una stalla o meglio ancora un pezzo di prato, se la stagione era buona.

La gente lo chiamava "Saltamacchia" appunto per il suo vagabondare per i campi come un animale selvatico, oppure "Gino il rosso" per via del colore dei capelli. Con i Patrioti stava bene, si era affezionato al tenete Paolini ed era sempre pronto ad offrirsi per qualsiasi missione senza cercare di far credere di essere il migliore degli altri o di aver coraggio più degli altri. Lui faceva quello che c'era da fare e basta . E proprio per questo era il migliore del gruppo. La sua intelligenza di vagabondo era acuta e lineare e tutta la sua logica era ancorata al concreto, ai fatti, alle cause e non agli effetti, così come sono concatenati in natura4.
Gino, semplice e concreto, aveva imparato ad usare una mitragliatrice Breda e con questa diede il meglio di se proprio quando, restato nella macchia a frenare l'avanzare dei tedeschi, non ci pensò due volte, e in mezzo alla neve, si preparò alla sua ultima impresa.
Egli contro i tedeschi sparava raffiche brevi, secche, in modo da costringerli ad iniziare la manovra di accerchiamento. Allora Gino, sparava, poi si caricava in spalla la mitragliatrice e si allontanava veloce; quando i tedeschi iniziavano l'avanzata, ecco che cento metri più là le raffiche riprendevano e così di seguito, da un posto all' altro. I nemici si sentivano spiazzati e immaginavano un intero battaglione nascosto dietro alla vegetazione, anche perché Gino teneva appostata anche un'altra mitragliatrice di altra potenza, "una Hotchkis greca5" .
Un'altra colonna tedesca, di stanza a Venarotta, giunse per portare man forte contro i Partigiani e nella, nebbia, videro uomini e fecero fuoco ma verso gli stessi tedeschi che a loro volta risposero!
Scrive il Balena: " Fu la cosa più bella della giornata!.
Il gioco durò un'ora, ma ormai braccato nella selva come un cinghiale, Capriotti Gino non aveva più scampo e allora, senza più muoversi, attese l'ultimo attacco. I suoi compagni, giunti in salvo, verso Castel di Croce, udirono ancora a lungo la "breda" di Gino che cantava alta sulla collina di Rovetino, in mezzo a scoppi e grida di dolore. Poi tacque6.
Dopo aver scritto una intensa pagina di storia della Liberazione, Gino, che aveva salvato e protetto la ritirata della Banda Paolini, ferito, fu finito con un colpo di baionetta al collo. Così come si fa con i cinghiali....

[1] Secondo Balena, Bandenkrieg nel Piceno”, Cesari,  Ascoli P. 1977, p. 247;
[2] Disarmato e con le mani alzate gridò:”Giuro che combatterò contro i tedeschi!!”: S. Balena, Op. cit., p. 252;
[3] Ivi.
[4] S. Balena, Op. cit. p. 253;
[5] Ivi, p. 253;

[6] Ivi.

Bibliografia:
• Secondo Balena, Benderkrieg nel Piceno, settembre 43 – giugno 44, Cesari, Ascoli P. 1977;
• Tito Alessandrini, Memorie di storia partigiana, ANPI Ascoli Piceno, 2004;
• Giuseppe Mari, Guerriglia sull'Appennino, la Resistenza nelle Marche, Argalia Editore , Urbino 1965.
• Archivio Sezione ANPI "Mario Batà" Comunanza.

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