Montalto, nostro bene comune.

LU PARE DI PICCIUNITTI

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lu-pare-de-picciunitti gIL PAIO DI PICCIONI

A Giggio si poteva fare qualsiasi affronto, era tollerante, purché non gli si toccasse la forchetta per la quale nutriva una tenera passione senza vergogna. Proprio sulla forchetta e su quello che essa amorevolmente rappresentava venne vigliaccamente colpito da Lavi’.

In questa brutta storia le cose andarono più o meno così:
Giggio si faceva vanto di essere in possesso di una coppia di piccioni grassi come papere che avrebbe fatto fuori, solo soletto, alla prima grande occasione da festeggiare.

A Lavi’, che da tempo ascoltava questa invitante ostentazione nell’osteria, sembrò proprio che la festa fosse ormai vicina e la si potesse fare senza Giggio e a sua insaputa.

Di quei tempi, quando ci si sfamava a pane di granturco e cicoria, una bella coppia di piccioni poteva assumere le sembianze di una autentica chimera.

Sul calar della sera di una splendida giornata di mezza estate, tornando Giggio a piedi dalla Valdaso, dove si era recato quale bracciante al prezzo di pochi centesimi o di qualcosa in natura, si fermò nell’osteria per rinfrancarsi con un buon bicchiere di quello rosso. Seduti al tavolo in panciolle, Lavi’ e due amici si stuzzicavano i denti davanti ad un mucchietto di ossa minute, tirate a lucido.
Con fare sonnolento e compassato si rivolsero stancamente a Giggio:
“Prendi, bevi un goccio, ti farà bene dopo quella camminata. Purtroppo per il resto, come vedi, abbiamo fatto piazza pulita e non restano che le ossa.”

Con quella gran sudata Giggio non se lo fece ripetere due volte, sospettoso e imbarazzato bevve d’un sorso, salutò e corse verso la sua abitazione. In quello strano simposio ci aveva visto il losco e durante il tragitto, non sapendo di preciso se preoccuparsi o riderci sopra, si andava chiedendo:
“Che accidente s’è mangiato con quelle ossa così piccole, quel brutto orbo. Chi avrà fatto piangere questa volta.”

Trovò a casa la risposta nelle parole della moglie allegra e ben disposta:
“Soddisfatto? Ti lagni sempre che non ti presto ascolto ma questa volta ti ho reso un bel servizio!”

Giggio, temendo ormai di sapere troppo, prese coraggio per chiedere timidamente a bassa voce con le sopracciglia corrugate e gli occhi acciaccati: “Quale?”

A questo punto la moglie perse l’entusiasmo, ridimensionò il sorriso e con voce mal ferma continuò il discorso:
“I piccioni no? Mi hai mandato a dire che non saresti più andato fuori e che li volevi ben cotti per far merenda con gli amici. Ci ho tagliato anche due patate; contento? Ti ho fatto fare bella figura?”

E sì; francamente gli aveva fatto fare proprio una gran bella figura e all’osteria non l’avrebbero dimenticata per un pezzo.

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